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Ad un passo l’inizio della stagione turistica arriva una doccia gelata per i concessionari di spiaggia marchigiani e abruzzesi: Il Consiglio di Stato, infatti, conferma la scadenza delle concessioni demaniali per le spiagge al 31 dicembre dello scorso anno, obbligando così i Comuni a disapplicare eventuali deroghe e si richiama ai principi della Corte di Giustizia UE per dare immediatamente corso alla procedura di gara per assegnare la concessione in un contesto realmente concorrenziale.

Nella sentenza si sottolinea che la risorsa spiaggia "è scarsa", al contrario di quanto sostenuto dal governo nella mappatura inviata a Bruxelles e portata a motivo della mancata applicazione della Bolkestein.

Si tratta di un nuovo capitolo della lunga diatriba delle aste volute dalla Commissione Europea, che da anni tiene con il fiato sospeso balneari, ambientalisti, amministratori comunali e buona parte degli esponenti politici sia in Italia che nelle sedi europee.
Con questa sentenza viene sostanzialmente reso vano il lavoro di mappatura delle coste voluta dal governo Meloni e sostenuta dai governatori di Fratelli d’Italia Acquaroli, per le Marche e Marsilio, in Abruzzo.

Nei mesi scorsi il tavolo tecnico, sulla base dei dati forniti dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, aveva allungato quelle italiane di 3mila km portandole da 8.000 a 11.000 km tutto questo per dimostrare che le spiagge italiane sono un bene disponibile e quindi non mandare a gara le attuali concessioni demaniali.

Preoccupazione e sgomento da parte delle associazioni dei balneari abruzzesi che sottolineano la presenza di due sentenze del Consiglio di Stato in contrasto tra loro: una impedisce temporaneamente la messa a gara delle concessioni balneari e rimanda alla Corte di Giustizia Europea ogni decisione, l’altra invece obbliga i comuni a indire subito le gare. Tra l’altro questa sentenza non rispetterebbe neppure la legge Draghi sui termini del 2024 in attesa di una riforma del settore.

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