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Non verranno rinnovati i contratti dei 29 lavoratori della Beko di Comunanza che sono in scadenza. Si tratta degli interinali, alcuni dei quali concluderanno il proprio rapporto di lavoro con la multinazionale lunedì, ovvero il 30 giugno. Altri, invece, a settembre. Negli ultimi giorni si sono susseguiti diversi incontri tra i sindacati e i vertici dell’azienda per trovare una soluzione che, purtroppo, non è arrivata. A distanza di appena due mesi dalla firma dell’accordo che ha scongiurato la chiusura dello stabilimento piceno, dunque, avvenuta al ministero delle Imprese e del Made in Italy, un vero e proprio passo indietro che pone nuovamente degli interrogativi sul futuro della fabbrica. L’obiettivo dei rappresentanti sindacali era quello di provare a prolungare i contratti almeno fino a dicembre. Ma la trattativa si è chiuso con un nulla di fatto. “La stabilizzazione delle lavoratrici e dei lavoratori interinali è stata da anni una richiesta sindacale, ben prima della crisi aperta da Beko e che ha portato alla sottoscrizione al Mimit, lo scorso 14 aprile, di un accordo quadro che prevede una serie di azioni tra cui un corposo piano di investimenti, la gestione non traumatica degli esuberi nonché l’utilizzo di ammortizzatori sociali conservativi – spiegano, in una nota, i sindacati Fim, Fiom, Uilm e Ugl Metalmeccanici -. Siamo sempre stati convinti della necessità di un ricambio generazionale in una fabbrica matura, con un alta età media e con diverse lavoratrici e lavoratori con ridotte capacità lavorative. L’azienda si è sempre rifiutata, pur contraddicendosi, perché per sua stessa ammissione ritiene tali lavoratrici e lavoratori essenziali al ciclo produttivo. L’accordo proposto dall’azienda presentava evidenti profili di criticità ma ciò che riteniamo ancora più grave è che tale accordo non prevedeva alcun impegno da parte dell’azienda per la stabilizzazione dei lavoratori in somministrazione. Eppure le soluzioni esistono come l’assunzione diretta a tempo indeterminato, come logica conseguenza della stabilità necessaria per il rilancio del sito oppure, in alternativa e se proprio necessario, la trasformazione dei contratti di somministrazione in staff leasing (somministrazione a tempo indeterminato) ma neanche quest’ultima ipotesi è mai stata presa in considerazione dall’azienda. Oggi, dopo alcune settimane di trattative e dopo diverse ipotesi di accordo consegnate all’azienda, apprendiamo per il tramite dei nostri rappresentanti sindacali nazionali che l’azienda non è più interessata a trovare una soluzione. In sintesi, l’azienda scarica questi lavoratori e li manda a casa. Non investire sul ricambio generazionale significa in realtà non investire veramente su Comunanza. Come organizzazioni sindacali condanniamo tale decisione – conclude la nota - e pur capendo che i tempi sono strettissimi, ci riteniamo disponibili ad essere convocati con carattere di urgenza per scongiurare il peggio”.