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Chiedono giustizia e il massimo della pena Pietro Panzieri, il papà di Pierpaolo, e la zia Annalisa. Familiari e amici del 27enne pesarese ucciso con 17 coltellate lo scorso 20 febbraio nella sua abitazione di via Gavelli, hanno atteso davanti al tribunale di Pesaro l’inizio dell’udienza davanti al Gup. Non era presente in aula Michael Alessandrini, per una scelta della difesa del 30enne. Alessandrini, rinchiuso nel carcere di Villa Fastiggi, è accusato di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi. I suoi legali, gli avvocati Carlo Taormina e Salvatore Asole hanno anticipato, all’arrivo nel Palazzo di Giustizia, l’intenzione di chiedere al Gup una riformulazione del capo di imputazione, puntando ad alleggerire la posizione di Alessandrini dall’aggravante della premeditazione. E chiedere di procedere con il rito abbreviato. Per la difesa Alessandrini non aveva premeditato l’omicidio mentre per la procura nell’omicidio c’è stata la premeditazione. Il pool di periti incaricati dal tribunale aveva decretato la semi-infermità mentale del 30enne. Anche su questo punto, i legali di Alessandrini sarebbero intenzionati a chiedere un’altra perizia. Negli occhi degli amici di Pierpaolo restano i tanti ricordi degli anni trascorsi insieme a lui. E in quelle foto che hanno mostrato davanti al tribunale il sorriso e la voglia di vivere del 27enne. Nel primo interrogatorio in Italia, era emerso che nel mirino di Alessandrini c’erano altre due persone. Persone che secondo il 30enne pesarese sarebbero state meritevoli di morire. La voce divina che parlava ad Alessandrini li vedeva come peccatori e gli chiedeva di eliminare per il bene dell’umanità. Non ci era riuscito, perchè poi dopo l’omicidio di Panzieri, Michael era scappato in Romania, in una fuga durata 30 ore, prima di essere bloccato dalle autorità romene e portato a Timisoara, dove era stato rinchiuso in cella fino all’estradizione in Italia. Secondo quanto riferito da Michael al giudice, Pierpaolo e un altro gruppo di ragazzi avrebbero tenuto un atteggiamento verso una ragazza di nome Julia, inaccettabile per Alessandrini, il quale la riteneva indifesa e fragile. E avrebbe agito come "giustiziere", aspetto già emerso nell’interrogatorio reso a Timisoara. Una sorta di delirio mistico che ha armato la mano di Alessandrini.