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Maxi operazione, quella compiuta dalla guardia di Finanza di Ancona, che ha dato esecuzione nelle province di Ascoli, Teramo, Pescara, Barletta, Pistoia, Reggio Emilia e Sassari a un articolato provvedimento cautelare emesso dal gip presso il Tribunale di Trani, con il quale è stato disposto il sequestro preventivo, anche nella forma per “equivalente”, di disponibilità e beni per oltre 15 milioni di euro. Il tutto a conclusione di una complessa indagine che ha consentito di interrompere una articolata frode perpetrata nel commercio dei carburanti.
Al riguardo, proprio in queste ore, le fiamme gialle stanno apponendo i sigilli su 32 unità immobiliari, tra cui si segnalano 2 distributori stradali e un residence in provincia di Teramo, un deposito di carburanti in provincia di Reggio Emilia, un resort situato nel comune di Arzachena, in Sardegna, nonché svariati appartamenti di pregio e terreni che si trovano in altre province italiane. Un provvedimento, questo, che rappresenta l’epilogo di un’indagine che ha permesso di smantellare un’organizzazione criminale, capeggiata da un imprenditore quarantenne di origini pugliesi, responsabile di aver posto in essere, mediante la creazione di schermi societari fittizi, del tutto inadempienti fiscalmente, una rilevante frode fiscale nel commercio dei prodotti petroliferi e del successivo reinvestimento dei relativi proventi in attività immobiliari.
In particolare, l’organizzazione ha sfruttato un sistema di frode che prevedeva l’utilizzo di società di comodo con le quali, ricorrendo allo strumento dell’acquisto intracomunitario, presso varie raffinerie, è riuscita ad approvvigionarsi di ingenti partite di carburante non gravate dall’Iva sull’acquisto. Tali ingenti quantitativi di carburante venivano, successivamente, ceduti omettendo le relative dichiarazioni annuali Iva e dei redditi. Il prodotto petrolifero, proveniente principalmente dalla Slovenia, veniva dapprima ceduto “cartolarmente” a tre società “cartiere” formalmente ubicate in Bulgaria e nella Repubblica Ceca gestite da membri dell’organizzazione criminale, per poi essere fatturato a 7 società “cartiere” italiane che, a loro volta, non versavano all’erario l’imposta dovuta, pur incassandola dai clienti italiani e omettendone ogni successivo obbligo dichiarativo.
Le società “cartiere” erano state costituite, infatti, con il solo intento di rimanere operative per un periodo di tempo limitato, al termine del quale venivano “abbandonate” (e, quindi sostituite) facendo leva sul fatto che le responsabilità amministrative e penali, se e una volta accertate, sarebbero ricadute sul prestanome (nullatenente) formalmente posto a capo delle stesse. Al termine di tutti i vari passaggi cartolari, i carburanti ottenuti in evasione dell’Iva venivano rivenduti, sottocosto, con fattura, a soggetti titolari di reti di distributori stradali o di depositi commerciali, spesso riconducibili, o addirittura coincidenti, agli stessi soggetti che avevano creato le “cartiere”, con il vantaggio, per tali acquirenti, di poter vendere gli stessi prodotti a un prezzo altamente competitivo, grazie agli immediati effetti generati dall’omesso versamento dell’Iva.
L’imponente frode fiscale ha riguardato l’approvvigionamento illecito e la vendita di oltre 133 milioni di litri di carburante e ha prodotto, in pochi anni, profitti illeciti per l’organizzazione criminale per oltre 15 milioni di euro.