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TAVULLIA - Il cancello del casolare di via San Giovanni è chiuso. Dopo il via vai di carabinieri per effettuare i rilievi all’interno dello stabile ora regna il silenzio. Parcheggiata lì davanti c’è l’Audi nera passata al setaccio dagli investigatori. Intorno, gli abitanti di Tavullia nei bar e in strada commentano quanto accaduto mercoledì sera. Quella furibonda rissa con pugni, calci, sprangate, martellate. E tre coltellate dirette al petto del disoccupato 38enne di origini albanesi, Ditran Idrizi, residente a Riccione, papà di una bimba. Coltellate che gli sono costate la vita. Artur Cerria, 37enne, anche lui albanese, è il proprietario del rudere di via San Giovanni, dove vive con la moglie e il figlio. E’ stato fermato con l’accusa di omicidio.
I carabinieri di Pesaro e Riccione hanno sottoposto a fermo altri due albanesi con l’accusa di lesioni gravi. Gili Quedari, 28 anni cameriere residente a Cattolica e Admir Shoshari, 54 anni, residente a San Giovanni in Marignano, meccanico a Cattabrighe. Loro hanno accompagnato la vittima nella spedizione punitiva a Tavullia, per riscuotere 5 mila euro per un lavoro di meccanica all’auto di Cerria. Troppi soldi, secondo quest’ultimo, e il rifiuto avrebbe provocato il regolamento dei conti. Non si esclude, tuttavia, che il movente possa riguardare questioni di droga. Tutti i protagonisti dell’aggressione sono già noti alle forze dell’ordine e con precedenti per questioni di droga. Compresa la moglie della vittima, su cui pendono due procedimenti a Rimini per stupefacenti.
L’aggressione è avvenuta davanti all’abitazione, dove sono ancora presenti tracce di sangue. Cerria sarebbe stato colpito da una martellata al collo, a quel punto si sarebbe difeso sferrando i fendenti mortali, con un coltello serramanico, rivolti a Dritan. Cerria avrebbe sentito urlare gli aggressori: «Ammazzali tutti» e avrebbe chiamato i carabinieri, mettendo in fuga i tre. Il presunto omicida avrebbe poi raccontato agli inquirenti di aver agito in difesa della moglie. Idrizi ridotto in fin di vita, è stato portato dagli amici in una corsa disperata all’ospedale di Cattolica, dove è arrivato già morto. Ha riportato tre ferite: una al cuore, una all’altezza della milza e un’altra sul torace. Ha perso tantissimo sangue, fatto che ha provocato uno shock emorragico. Ricoverati in pronto soccorso a Pesaro i due albanesi arrivati a Tavullia insieme a Idrizi. Per loro 40 giorni di prognosi. Sottoposti alle cure dei sanitari anche la moglie e il figlio di Cerria, che nella colluttazione hanno riportato ferite e lesioni multiple.
La salma di Idrizi è stata portata all’obitorio dell’ospedale Ceccarini di Riccione. Giovedì mattina parenti e amici della vittima, si sono presentati in massa davanti al nosocomio romagnolo per vedere il corpo del 38enne. L’impossibilità di assecondare la richiesta, essendo la salma a disposizione della procura in quanto oggetto d’indagine, ha costretto i sanitari del nosocomio a chiamare i carabinieri. Le indagini sono condotte dalla procuratrice capo di Pesaro Maria Letizi Fucci. Nelle prossime ore si terranno gli interrogatori di garanzia del 37enne fermato per omicidio e dei due albanesi.
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