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 ACQUALAGNA - La notta tra il 12 e il 13 ottobre Riccardo Branchini è scomparso nel nulla. La sua auto è stata ritrovata vicino alla diga del Furlo, nel parcheggio della centrale idroelettrica. Lo sportello era aperto, all’interno vestiti, cellulare, effetti personali. La prima ipotesi è stata quella di un suicidio del 20enne di Acqualagna. La diga e le aree boschive circostanti sono state perlustrate nei giorni successivi. Poi, nelle settimane a seguire un’altra perlustrazione, con strumentazioni specifiche dei vigili del fuoco. Ma il corpo non è mai stato trovato. La famiglia no ha mai smesso di sperare che il ragazzo sia ancora vivo. Sono stati fatti appelli, una fiaccolata per tenere alta l’attenzione sulla scomparsa. Tante segnalazioni, qualcuna inizialmente un po’ più concreta, altre totalmente infondate. Un anno dopo, del ragazzo nessuna traccia. L’avvocato Elena Fabbri, legale della famiglia, questa mattina ci ha accolto nel suo ufficio, a Pesaro, per fare il punto della situazione.

"Nonostante siano state battute tutte le piste - dice l’avvocato Fabbri - dall’allontanamento alla possibilità che Riccardo sia in pericolo, o alla possibilità del suicidio di Riccardo con le ricerche all’interno della diga, la prima pista seguita dagli inquirenti, ad oggi non abbiamo alcuna risposta concreta su quella che sia la sua fine. Nonostante le indagini siano state fatte 360 gradi, con appelli in Italia e all’estero, la possibilità di avere un segnale concreto ad oggi non c’è stata. Da un punto di vista tecnico non abbiamo avuto alcun tipo di riscontro che ci testimoni che Riccardo sia in vita, ma allo stesso tempo che il ragazzo sia morto, in quanto nella diga non è stato trovato nessun elemento riconducibile a lui, né un occhiale o un calzino, qualcosa che possa riportare dal punto di vista tecnico e scientifico ad una risposta seria e concreta". 

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