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ANCONA - L’ex assessora e consigliera dem Manuela Bora interviene in merito alle vicende relative al Pd regionale, negli ultimi giorni oggetto di discussioni interne, chiedendo un radicale cambio di passo nella gestione e nel rapporto con cittadini ed elettori
“Il Partito Democratico ha un problema di democrazia. Oggi è il mio compleanno – afferma Bora - ma non voglio parlare di me. Voglio parlare del partito in cui credo da sempre, il Partito Democratico, e di ciò che sta accadendo. Chi ama qualcosa deve avere il coraggio di guardarla negli occhi e dire la verità. E la verità è che oggi il Partito Democratico ha un problema serio: un problema di democrazia”.
“Negli ultimi mesi – prosegue Bora - abbiamo sentito tante parole belle. Unità, apertura, partecipazione, ma la realtà è un’altra. Mentre si parla di unità, ci si divide. Mentre si parla di apertura, ci si chiude. Mentre si parla di partecipazione, si costruiscono muri. Non mancano le idee, manca il metodo. Il modo di decidere, di scegliere, di coinvolgere. Un partito che toglie le primarie, che decide nei caminetti invece che nei circoli, che valuta la fedeltà più del consenso, non è più il partito che volevamo costruire. Nelle Marche tutto questo si è visto con chiarezza”.
La consigliera regionale uscente analizza anche lo stato attuale del Partito Democratico nelle Marche, in seguito al ko nelle urne di fine settembre: “Dopo la sconfitta di Matteo Ricci contro Acquaroli, ci saremmo aspettati una riflessione vera, aperta, collettiva. Invece no. La segreteria regionale, guidata da Chantal Bomprezzi, non si è assunta alcuna responsabilità politica. E oggi il partito regionale è fermo, chiuso dentro logiche che allontanano le persone invece di avvicinarle. Le candidature alle comunali vengono decise senza trasparenza, senza confronto, senza ascolto. Si parla di regole, ma le regole servono solo a giustificare le scelte già fatte”.
Bora ritiene sia arrivato il momento di operare un deciso cambio di passo: “Ritengo che sia ormai indispensabile azzerare i livelli intermedi e ripartire dalla base, valorizzando nei gruppi dirigenti quelle diversità rimaste troppo a lungo ai margini. Sono convinta che il vero cambiamento possa nascere solo da tre parole semplici ma essenziali: trasparenza, democrazia e partecipazione. Trasparenza, perché chi guida deve spiegare apertamente le proprie scelte. Democrazia, perché contarsi non è una debolezza ma un atto di fiducia verso le persone. Partecipazione, perché senza la voce dei cittadini, dei giovani, delle famiglie, la politica perde la sua anima”.
L’assessora della Giunta Ceriscioli nella legislatura 2015-2020 ricorda come la coerenza sia da sempre al centro del proprio pensiero e azione politica: “Quando mi è stato proposto di candidarmi in una lista civica del Presidente, ho rifiutato. Non perché mi mancasse la voglia di mettermi in gioco, ma perché non accetto scorciatoie. Non accetto di prestare il mio volto a un sistema che in pubblico ti chiede aiuto e in privato prepara la tua esclusione. Resto nel Partito Democratico perché credo che si possa e si debba cambiare da dentro. Non si può parlare di unità e, nello stesso tempo, colpire chi non è allineato. Non si costruisce un partito forte riducendo le differenze, ma valorizzandole. Un partito che parla di pluralità ma vive di correnti non è un partito aperto: è un partito stanco. Un partito che predica la democrazia e pratica la chiusura non ha futuro”.
Un futuro che deve essere caratterizzato dal contatto con cittadini ed elettori: “Io sogno un Partito Democratico che torni tra le persone. Che torni nelle piazze, nei luoghi di lavoro, nelle scuole. Un partito dove contano le idee e non le tessere, dove si sceglie con il voto e non con le nomine. Un partito dove chi lavora sul territorio viene ascoltato e rispettato. Il PD deve tornare a essere una casa, non una caserma. Un luogo dove si discute, non dove si obbedisce. Oggi, nel giorno del mio compleanno, non chiedo regali. Chiedo coraggio. Chiedo di riprenderci insieme il Partito Democratico. Facciamolo tornare nostro. Facciamolo tornare libero, aperto, partecipato”.
“Io sono pronta. Non per un titolo, ma per un metodo. Non per una corrente, ma per una causa. Perché la politica o è partecipazione, o non è. E il Partito Democratico tornerà grande solo quando tornerà ad ascoltare”, conclude Bora.

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