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RIMINI - E’ stato convalidato dal gip del tribunale dei minorenni di Rimini, con detenzione nel carcere minorile di Bologna, l’arresto del 17enne accusato di violenza sessuale di gruppo verso una minorenne. Davanti al pm il giovane ha fatto scena muta. Non ha risposto alle domande su quanto accaduto quella notte tra il 5 e il 6 agosto in Romagna. Lunedì si terrà invece l’interrogatorio di garanzia del neo 18enne, sul quale pende la stessa accusa dell’amico minorenne. Entrambi sono residenti nella provincia di Pesaro. Quella notte la giovane aveva chiesto aiuto, contattando il 112. I carabinieri, dopo averla raggiunta e trovata in strada in stato confusionale, l’avevano accompagnata in ospedale. Le analisi sanitarie avevano fatto emergere la violenza sessuale subita. La 16enne era stata dimessa con una prognosi di 30 giorni ma agli inquirenti non aveva potuto dare informazioni utili per rintracciare gli autori della violenza. Tutto quello che ricordava era di essere salita in auto con due uomini, due sconosciuti contattati sui social, ma non sapeva dire dove l’avessero portata né se avesse detto loro di essere minorenne. Si ricordava solo di un tatuaggio di uno dei due. La 16enne aveva formalizzato una denuncia. Le indagini dei carabinieri sono partite dall’acquisizione delle registrazioni di tutte le telecamere della zona in cui la ragazza era stata lasciata in strada. Secondo le ricostruzioni, i due amici avevano pattuito online un appuntamento sessuale a pagamento con la minorenne. Prima di costringerla a subire atti sessuali, le avrebbero fatto fumare della cannabis per renderla meno reattiva. Per questo i due giovani sono stati accusati anche di spaccio di droga. Inoltre per assicurarsi l’impunità avrebbero avuto anche cura di cancellare dal cellulare della ragazza chat e fotografie per non essere rintracciati. La ragazzina una volta in auto con i due si era spaventata chiedendo di essere riportata a casa. I due a quel punto l’avrebbero minacciata e dopo averla costretta a subire atti sessuali l’avevano abbandonata di notte in strada. I militari dell’Arma sono riusciti a risalire all’autovettura utilizzata dai presunti aggressori e l’itinerario del veicolo. Ma a inchiodare definitivamente i due ragazzi è stata la prova del Dna. I carabinieri oltre alle intercettazioni hanno raccolto i campioni di Dna prelevati dal personale sanitario sulla vittima e li hanno comparati con quelli dei presunti responsabili. Quando i profili analizzati dai carabinieri del Ris di Parma hanno confermato la compatibilità pressoché totale tra i profili genetici, per i due ragazzi sono scattate le manette.