Rendina, il terremotato “irriducibile” di Arquata condannato a 5 mesi

“Doveva essere aiutato e non arrestato”. Così l’avvocato Ciabattoni, difensore di Enzo Rendina dopo la condanna del suo assistito a 5 mesi con pena sospesa. Lo ha deciso ieri il Tribunale di Ascoli Piceno, ma il penalista ha già annunciato il ricorso in Appello.
Il terremotato di Arquata del Tronto era stato arrestato dai carabinieri il 30 gennaio 2017 nel campo base dei vigili del fuoco a Pescara del Tronto. Un luogo che non voleva abbandonare, volendo tenacemente rimanere nel suo territorio terremotato. Era proprio lì nell’ex campo di Calcio di Arquata che sarebbe sorto il villaggio Sae di Borgo 1. Rendina era accusato di interruzione di pubblico servizio e resistenza a pubblico ufficiale, accusa che all’epoca lo fece finire per un paio di giorni in carcere.
Secondo l’accusa quel giorno i carabinieri avvicinarono Rendina che aveva trovato riparo nella tensostruttura riservata ai vigili del fuoco, cercando di convincerlo a trasferirsi nell’albergo messogli a disposizione dal Comune di Arquata.
All’ennesimo rifiuto i militari avevano cercato di portarlo via fisicamente e l’uomo avrebbe reagito cercando di divincolarsi, finché i carabinieri non riuscirono a immobilizzarlo e portarlo via per arrestarlo e tradurlo in carcere. L’accusa ha chiesto la condanna ad un anno. Ha concluso chiedendo l’assoluzione l’avvocato Francesco Ciabattoni sostenendo che “Rendina non ha infastidito nessuno, i vigili del fuoco lo hanno assistito al contrario degli psicologi che lo hanno abbandonato invece di aiutarlo”.