Morte di Maddalena Urbani, arrestato il siriano

È finito in carcere per omicidio il siriano di 64 anni che aveva ospitato in casa Maddalena Urbani. La figlia del medico eroe, Carlo, che isolò per primo la Sars restandone ucciso, fu trovata morta il 27 marzo per un mix di droghe e psicofarmaci. All’uomo viene contestato in particolare “il dolo eventuale, consistente – spiega la questura di Roma – nell’aver accettato di non chiamare direttamente i soccorsi, facendo intervenire delle persone non qualificate che avevano cercato, senza alcun esito, di salvare la Urbani”. Le indagini sui tabulati telefonici del siriano e le sue stesse dichiarazioni hanno consentito di accertare che quella notte aveva contattato due suoi conoscenti, un rumeno ed un italiano, per soccorrere la Urbani. L’italiano – che il siriano chiamava ‘medico’, ma che in realtà era un tossicodipendente che aveva sostenuto qualche esame di Medicina – era intervenuto nella tarda mattinata del 27 e aveva fatto alla giovane una iniezione di adrenalina. Il rumeno era invece intervenuto la sera del 26 ed aveva praticato a Maddalena un massaggio cardiaco: la ragazza sembrava stesse meglio e lui se n’era andato.
Ad ucciderla, secondo i primi accertamenti, un abuso di oppiacei. L’appartamento, in condizioni fatiscenti, era occupato dal 64enne cittadino siriano che si trovava agli arresti domiciliari per spaccio di stupefacenti. La perquisizione subito eseguita dalla Polizia portò al rinvenimento di alcune dosi di eroina, metadone e un mix di psicofarmaci, “il tutto a riprova – secondo gli investigatori – che il siriano, nonostante la misura restrittiva, continuava il suo spaccio di droga”. L’uomo è stato quindi condotto nel carcere romano di Regina Coeli. Le indagini della polizia per fare luce sull’accaduto hanno riguardato diverse circostanze, compreso il sospetto che la giovane potesse essere stata vittima di una violenza sessuale, cosa che però è stata successivamente esclusa. Con il siriano, la Urbani aveva una conoscenza pregressa, tant’è vero che nella rubrica del suo telefono era registrato come “Zio Cassi”. Ed anche lo straniero aveva il nome e l’indirizzo perugino della giovane sulla sua agenda. A chiamare il 118 era stata un’altra ragazza, di origini straniere ma nata in Italia, che aveva conosciuto la Urbani circa un mese prima a Perugia.