Ferlazzo invalido al 100%, la mamma tutrice: “Preoccupata per lui”

“Non avrei mai pensato che potesse arrivare a tanto”. Non si dà pace Ursula, la madre di Filippo Ferlazzo, il 32enne arrestato per l’omicidio del Alika Ogorchukwu a Civitanova Marche. Anni di visite mediche, apprensione, certificazioni legali, allontanamenti forzati, cure e timori. Paure che la donna non credeva potessero concretizzarsi in un epilogo così atroce, estremo come quelle immagini catturate dai telefonini puntati in via del corso a Civitanova venerdì scorso.

“Non ho parole, mi dispiace tanto per quella famiglia e sono preoccupata per mio figlio”, dice Ursula che, separata dal padre di Filippo, è anche la sua amministratrice di sostegno e sarebbe pronta a documentare l’instabilità del figlio con gli incartamenti del Tribunale di Salerno.

Nessuna aggressione razzista, dunque. Anche la donna ne è convinta, perché suo figlio da tempo mostrerebbe un disagio psichico.

Soltanto nell’aprile scorso, invece, Ferlazzo sarebbe stato sottoposto a due visite psichiatriche nell’ospedale di Civitanova, la città dove vive da poco tempo con la compagna 45enne, Elena, e dove adesso aveva cominciato a lavorare come operaio nella fonderia Steve Stampi, con un contratto a tempo determinato della durata di un mese.

Aveva lasciato Salerno, dove aveva vissuto con la madre, nominata suo tutor ma ormai distante quattrocento chilometri da Filippo, il quale avrebbe un’invalidità civile al cento per cento: è anche per questo che la sua legale, Roberta Bizzarri, chiederà una perizia psichiatrica dell’uomo, che era stato anche in cura in una comunità a Lecce. Non si tratterebbe di una semplice mossa legale, perché già in precedenza il 32enne avrebbe manifestato “episodi di aggressività” tanto che il Tribunale di Salerno lo aveva affidato a un’amministratrice di sostegno: sua madre Ursula, appunto. L’ipotesi è che avesse disturbo bipolare.

“Sono preoccupata anche per lui”, spiega la donna senza nascondere nonostante tutto l’apprensione per cosa possa succedere ora al figlio in carcere, (al momento è recluso a Montacuto di Ancona) vista la sua condizione. Filippo, che ha chiesto scusa alla famiglia di Alika, “si sente smarrito” e non sa cosa fare. La famiglia del nigeriano però ripete che quella furia incomprensibile e la rabbia omicida, anche se dovessero essere scaturiti da un disagio mentale, non possono essere assolti con delle scuse e adesso chiede “giustizia, non vendetta”