Omicidio Bar del Parco a Pescara, ci sono i primi tre indagati

Foto Ansa

PESCARA – A poco più di tre mesi dall’agguato al bar del Parco di Pescara, trapelano le prime notizie su un’inchiesta strettamente riservata. Sono tre le persone iscritte nel registro degli indagati con il reato di omicidio e tentato omicidio di Waler Albi, architetto di 66 anni, e Luca Cavallito, ex calciatore di 49 anni, ridotto in fin di vita. Pare che i tre sospettati appartengano alla malavita locale. Si esclude, quindi, la pista del killer arrivato da fuori Regione. I fatti risalgono al 1 agosto scorso, quando, intorno alle 20, Walter Albi e Luca Cavallito erano seduti attorno al tavolo, nella veranda del locale di Via Ravasco, lato Strada Parco. Un uomo, con il casco integrale, arriva all’improvviso in scooter e comincia a sparare, prima dall’esterno, poi da vicino, proprio davanti al tavolo dove i due stavano presumibilmente aspettando l’arrivo di qualcun altro. E intanto le pizzette, in abbondanza, erano già state portate.

Albi muore e Cavallito rimane gravemente ferito. Ha subito diversi interventi chirurgici. Ora sta meglio e le dichiarazioni rilasciate agli inquirenti avrebbero aiutato a iscrivere nel registro degli indagati, non una persona, ma tre. Inizialmente, infatti, pare sia stato identificato solo un sospettato. Poi  sarebbero stati aggiunti gli altri due. Inoltre, Cavallito avrebbe fornito agli inquirenti anche il possibile movente, legato a un affare da 400mila euro.

L’individuazione dei tre indagati è collegata a un altro fatto di cronaca: la rapina nel centro agroalimentare di Villanova di Cepagatti (Pescara), secondo quanto riportato dall’Ansa. La pistola rubata a una guardia giurata nel corso di questa rapina, messa a segno l’11 luglio, è l’arma usata per l’agguato del primo agosto. Due degli indagati erano stati arrestati dai Carabinieri lo scorso 21 settembre per la rapina, mentre il terzo è indagato per lo stesso episodio. Le indagini sull’omicidio, condotte dalla squadra Mobile e coordinate dal procuratore aggiunto Annarita Mantini e dal sostituto Andrea Di Giovanni, con la supervisione del procuratore capo, Giuseppe Bellelli, si sono quindi incrociate. In occasione della rapina, dopo aver ferito la guardia giurata, i malviventi erano fuggiti con un bottino di circa 30mila euro, non prima di aver rubato l’arma in dotazione all’operatore. In base agli elementi investigativi raccolti, sarebbe proprio quella l’arma usata per il delitto del primo agosto.