Pamela Mastropietro, al via il processo d’appello bis contro Oseghale

Si è aperto oggi a Perugia il processo d’appello bis nei confronti di Innocent Oseghale, il pusher nigeriano già condannato all’ergastolo per l’omicidio di Pamela Mastropietro: la 18enne uccisa e fatta a pezzi a Macerata il 30 gennaio 2018. Il corpo fu ritrovato in due trolley. La Cassazione ha annullato la sentenza di appello per il reato di violenza sessuale e potrebbe profilarsi uno sconto di pena. Gli ermellini infatti avevano parzialmente accolto il ricorso presentato dalla difesa di Oseghale contro la sentenza della Corte d’assise d’appello di Ancona che, nell’ottobre 2020, aveva confermato la condanna al carcere a vita inflitta in primo grado all’imputato. Oggi la procura generale di Perugia guidata da Sergio Sottani ha chiesto la conferma della condanna all’ergastolo. Per i magistrati prima di ucciderla e farla a pezzi, il 32enne nigeriano ha abusato sessualmente di Pamela. In subordine l’Ufficio, rappresentato nel procedimento dal sostituto procuratore generale Paolo Barlucchi, ha chiesto di riaprire l’istruttoria dibattimentale per sentire due testimoni. Si tratta in particolare dei due uomini con i quali la vittima avrebbe avuto rapporti sessuali dopo essere scappata dalla comunità terapeutica dove si trovava e prima di avere incontrato Oseghale. Per la Procura generale la sussistenza del reato di violenza sessuale può dirsi “certa”. La difesa di Oseghale rappresenta dagli avvocati Simone Matraxia e Umberto Gramenzi ha chiesto l’assoluzione del loro assistito dal reato di violenza sessuale. La famiglia Mastropietro continua a chiedere giustizia. In particolare la mamma della 19enne uccisa, Alessandra Verni, che ha inviato tre lettere dirette al Presidente della Repubblica Mattarella, al presidente del Consiglio Meloni e al ministro della giustizia Nordio per chiedere di essere ascoltata.E proprio ieri è stata ricevuta al Quirinale da un consigliere del Capo dello Stato. La famiglia della ragazza non ha mai creduto alla versione secondo cui il nigeriano ha fatto tutto da solo, chiede che si indaghi su altri presunti complici e inoltre pone fin dall’inizio il tema delle norme che regolano le comunità terapeutiche