Omicidio Rapposelli – Condannati in via definitiva Simone e Giuseppe Santoleri

Giuseppe e Simone Santoleri colpevoli per l’omicidio di Renata Rapposelli. E’ quanto stabilito dalla Cassazione che ieri ha scritto la parole fine sul processo per la morte della pittrice teatina, scomparsa il 9 ottobre 2017 e ritrovata senza vita un mese dopo nelle campagne del maceratese. I giudici della suprema corte hanno respinto i ricordi presentati dall’ex marito e dal figlio della 64enne, rendendo così definitive le condanne della Corte d’assise d’Appello de L’Aquila: 27 anni a Simone, ritenuto l’esecutore materiale, 18 a Giuseppe, per aver aiutato il figlio a disfarsi del cadavere. Renata è stata uccisa per una questione di soldi secondo una dinamica da “Arancia Meccanica”. Secondo i giudici il figlio Simone era ossessionato dal denaro e il rancore serbato per la madre avrebbe animato la sua indole impulsiva e violenta, fino al punto di ucciderla. Il giorno dell’omicidio Renata, conosciuta nell’ambiente degli artisti come “Reny” era salita sul treno che da Ancona, città in cui aveva scelto di vivere dopo la separazione, l’avrebbe portata a Giulianova. Doveva incontrare il figlio e l’ex marito perché preoccupata per le condizioni di salute del figlio. Si trattava, secondo i giudici di un’esca per attirare la 64enne verso la trappola mortale. Quasi subito   , infatti, la discussione tra i tre si era spostata sulle questioni economiche. Renata avrebbe recriminato il mancato pagamento degli arretrati del mantenimento. Circa 3 mila euro. Tanto è bastato per scatenare la follia omicida di Simone. Poco dopo il suo arrivo nell’abitazione dei Santoleri, la 64enne veniva uccisa. Giuseppe era lì, inerme, mentre l’ex moglie veniva strangolata e infine soffocata dal figlio. Poi però, lo aveva aiutato a trasportare il cadavere della donna fino alle campagne di Tolentino, lasciando ai cinghiali il compito di far sparire ogni traccia. Quando, dopo un mese di ricerche, i resti della pittrice vennero finalmente trovati, la scena che gli investigatori si trovarono davanti era delle più raccapriccianti. Fin da subito le indagini si erano concentrate sulle figure dei due uomini. Poi l’apertura del processo con le accuse, a carico di entrambi, di omicidio in concorso e soppressione di cadavere. Cinque anni e mezzo di udienze culminati con la sentenza definitiva di ieri. In totale padre e figlio dovranno trascorrere 45 anni dietro le sbarre.