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Un memoriale indirizzato alla Direzione Nazionale Antimafia scritto da Girolamo Biagio Bruzzese. E’ quanto emerso nella nuova udienza presso la corte d’assise, per l’omicidio di Marcello Bruzzese, freddato da una scarica di proiettili il 25 dicembre 2018 in via Bovio, nel centro storico di Pesaro. Sul 57enne calabrese Rocco Versace pende l’accusa di omicidio volontario aggravato dal fatto di aver agevolato un’organizzazione di stampo mafioso. E’ proseguita con le domande della parte civile e degli avvocati della difesa, la deposizione di Girolamo Biagio Bruzzese, fratello di Marcello, collaboratore di giustizia dal 2003, collegato con il tribunale da un sito protetto. Nel corso dell’udienza è stata portata all’attenzione della corte la lettera consegnato da Bruzzese il 28 dicembre 2018 al termine dell’interrogatorio avvenuto a Reggio Calabria. Un documento, nel quale vengono ripercorsi anche i rapporti tra la famiglia Crea e Bruzzese, che non è stato acquisito dalla corte in questa fase. Girolamo Biagio Bruzzese ha poi parlato dei mesi successivi all’omicidio del fratello. "La vita della nostra famiglia si fermata" ha detto, aggiungendo di essersi accollato tutta la responsabilità per accudire la madre malata e per dare un punto di riferimento ai nipoti, restando a Pesaro fino a maggio dell’anno scorso. Poi l’attenzione della difesa si è focalizzata su quanto Bruzzese aveva già raccontato nella precedente udienza e cioè il fatto di essersi ricordato una quindicina di giorni fa che il fratello Marcello gli avrebbe riferito di aver visto Rocco Versace a Pesaro un mese prima dell’omicidio con tre persone su una macchina, alla rotonda del Trony. Gli avvocati dell’imputato hanno incalzato Bruzzese sul perchè non avesse parlato di questo episodio negli interrogatori precedenti. Bruzzese ha detto di essere stato interrogato dalla procura di Ancona una sola volta, la sera stessa dell’uccisione del fratello e di trovarsi in quel momento in una condizione emotiva particolare, con il pensiero tutto rivolto ai familiari della vittima. A quel punto i legali hanno fatto notare che nei primi mesi del 2019 Bruzzese era stato sentito in almeno tre occasioni dai carabinieri, pressando il collaboratore di giustizia sul motivo che lo avrebbe spinto a non rivelare nulla nemmeno in queste occasioni sull’avvistamento di Versace da parte del fratello Marcello. Bruzzese ha risposto che in quei mesi stava attraversando problemi di salute e che non aveva la piena consapevolezza di ciò che gli veniva chiesto. Un episodio che in quel periodo, come ha aggiunto Bruzzese, era finito nel dimenticatoio davanti ad una situazione personale destabilizzante. Per la procura Versace avrebbe avuto un ruolo chiave nella pianificazione dell’omicidio di Marcello Bruzzese. Dalle indagini dei carabinieri è emerso un rapporto fiduciario del 57enne calabrese con la famiglia Crea. La difesa punta a smontare le accuse, partendo dal fatto che nel giorno dell’omicidio Versace era in Calabria e i suoi spostamenti nel Pesarese e Riminese sarebbero stati solo per motivi di lavoro, legati alla compravendita di auto. I sicari di Marcello Bruzzese, Michelangelo Tripodi e Francesco Candiloro sono stati condannati all’ergastolo dal tribunale di Ancona. Prossima udienza a Pesaro il 28 febbraio.

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