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Sono trascorsi 14 anni dalla morte di Cameyi Mosammet e non è stata fatta ancora luce sull’omicidio della 15enne, la giustizia ha tempi lunghi e la famiglia sta perdendo la speranza. È il 29 maggio 2010 quando la giovane studentessa scompare da Ancona, dove vive con la sua famiglia. Di lei nessuna traccia per anni, nonostante gli appelli disperati della madre. Poi nel marzo del 2018, otto anni dopo la scomparsa, il ritrovamento dei suoi resti in un terreno e in un pozzo nelle vicinanze dell’Hotel House, condominio dove vive Kazi Monir, il suo fidanzato. Proprio ad una cella dell’Hotel House si sarebbe agganciato per l’ultima volta il cellulare della ragazzina. Sul suo fidanzato, fin da subito, si concentrano le indagini. Ma da anni la famiglia della 15enne uccisa aspetta di avere giustizia.

Mercoledì 16 ottobre si è tenuta l’udienza preliminare del processo che vede imputato Kazi Monir accusato di omicidio volontario. Non è stato accertato se sia stato notificato oppure no a Monir, da anni tornato in Bangladesh, l’avviso dell’avvio del processo a suo carico. Dalle autorità locali non è arrivata la risposta se i pubblici ufficiali del Bangladesh siano riusciti a trovare e contattare l’imputato, irreperibile da 4 anni. Dunque, l’udienza è stata rinviata dal tribunale di Macerata al 29 gennaio 2025.

L’imputato, accusato di omicidio volontario, è difeso dall’avvocato Marco Zallocco. Parti civili al processo, si sono costituiti la madre e i tre fratelli della quindicenne, che sono assistiti dall’avvocato Luca Sartini, e l’associazione Penelope Marche, che sostiene le famiglie delle persone scomparse, assistita dall’avvocato Marco Vannini

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