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Si presentava come commerciante di auto Rocco Versace, nei soggiorni durante i suoi spostamenti nel centro-nord Italia. Un altro tassello della "doppia vita" del 57enne calabrese è emerso nell’udienza in tribunale a Pesaro per l’omicidio di Marcello Bruzzese, freddato da una scarica di proiettili il 25 dicembre 2018 in via Bovio, nel centro storico di Pesaro. Versace è accusato di omicidio volontario aggravato dal fatto di aver agevolato un’organizzazione di stampo mafioso, la famiglia calabrese Crea, alla quale apparteneva Girolamo Biagio, fratello della vittima, prima di diventare collaboratore di giustizia. In aula è stato ascoltato l’addetto alla reception di un hotel di Ivrea, il quale ha riferito che per quattro giorni, nel periodo di fine marzo 2018, avevano soggiornato due persone, registrando la camera con un falso nominativo. L’operatore della struttura ricettiva ha rilevato una notevole somiglianza di uno dei due clienti con Rocco Versace, in video collegamento dal carcere di Nuoro, dove è rinchiuso. Somiglianza confermata dal receptionist di Ivrea anche nel corso di due precedenti deposizioni in caserma durante le quali gli erano state mostrate le fotografie dell’imputato. Nelle precedenti udienze, secondo la dettagliata ricostruzione dei Ros, il 57enne e uno dei due sicari, Michelangelo Tripodi, condannato insieme a Francesco Candiloro all’ergastolo dal Tribunale di Ancona, avevano soggiornato in un bed and breakfast nella zona di Ivrea, proprio nel periodo di fine marzo 2018. In quel caso il loro interesse era rivolto su Francesco Bruzzese, un altro fratello della vittima, e ritenuto uno dei potenziali obiettivi per la vendetta di stampo mafioso. In particolare era stato intercettato un contatto tra Versace e un componente della famiglia Crea, con la quale, secondo i carabinieri, Versace aveva un rapporto fiduciario. Altri testimoni, ascoltati in aula prima di Natale, operanti nel settore della vendita e riparazioni di auto, avevano riferito di aver intrattenuto con il 57enne calabrese, e con Tripodi, conversazioni di natura lavorativa in differenti situazioni e località del centro-nord Italia. La difesa punta a smontare le accuse, partendo dal fatto che nel giorno dell’omicidio Versace era in Calabria e i suoi spostamenti nel Pesarese e Riminese sarebbero stati solo per motivi di lavoro. Un’indagine che ha richiesto un lavoro enorme da parte dei Ros: come ha riferito in aula il maresciallo dei carabinieri che ha indagato sull’omicidio di mafia, sono stati esaminati 5 miliardi di dati, contenuti in 600.000 inviate dal gestore, relative a conversioni telefoniche, catalogate e localizzate attraverso le celle telefoniche, tramite l’utilizzo di un software ideato e prodotto dai carabinieri. La difesa ha sostenuto che questo software non avrebbe avuto nessuna certificazione. Ma il maresciallo dei Ros ha puntualizzato che non esistono certificazioni per software di questo tipo.