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Rientrato da un permesso premio, un detenuto del carcere di Chieti nell’organismo aveva occultato un ingente quantitativo di droga, ma è stato scoperto dal personale di Polizia penitenziaria. Lo ha reso noto Giuseppe Ninu, segretario per l’Abruzzo del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria (Sappe). "Il ritrovamento è degno di lode e vanto per tutto il personale, agenti coordinati e supportati dal primo dirigente Alessandra Costantini – spiega Ninu - Con la perseveranza e la costanza di controlli mirati alla conoscenza dei soggetti da custodire e responsabilizzare, hanno saputo individuare il detenuto prestatosi a introdurre in carcere stupefacenti, data la quantità indubbiamente a fini di spaccio”. L’attività, protrattasi per alcuni giorni, sempre nel rispetto delle leggi penitenziarie e della dignità umana, fa emergere, ancora una volta, la finalità del lavoro della Polizia Penitenziaria: garantire la sicurezza, interna ed esterna agli istituti detentivi e restituire alla società uomini più consapevoli. Il primo e più rappresentativo sindacato della categoria, il Sappe, torna dunque a richiamare l’attenzione di vertici regionali e nazionali dell’amministrazione penitenziaria affinché si diano risposte concrete alla soluzione di problematiche in atto nel penitenziario di Chieti, anche dotando donne e uomini della Polizia Penitenziaria, da sempre in prima linea sul fronte dell’ingresso e possesso di droga in carcere, di adeguati strumenti tecnologici di controllo. Secondo il segretario generale Donato Capece, “il problema è questione ormai sempre più frequente, a causa dei tanti tossicodipendenti ristretti. Bisognerebbe fare molto di più, seguendo l’esempio del carcere di Rimini dove da tanti anni esiste un piccolo reparto, con 16 posti, dedicato a tossicodipendenti, i quali sottoscrivono con l’amministrazione un programma di recupero, impegnandosi a non assumere sostanze alternative, come il metadone, a frequentare corsi di formazione, a lavorare. Superato questo percorso iniziale vengono poi destinati alla comunità esterna e quasi tutti non fanno più ritorno in carcere, riducendo la recidiva quasi a zero”. 

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