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La salma della giudice molisana Francesca Ercolini, trovata morta tre anni fa nella sua abitazione di Pesaro, resterà ancora sotto esame per tutta l’estate. Dopo la recente riesumazione ordinata dalla Procura dell’Aquila, il corpo è stato trasferito al Policlinico Umberto I di Roma, dove sarà sottoposto a ulteriori accertamenti da parte del pool di esperti nominato dal giudice per le indagini preliminari.
Secondo quanto riferito dai medici incaricati, tra cui il noto medico legale Vittorio Fineschi, le analisi finora condotte si sono limitate all’autopsia e alla TAC. Ora si passerà alla fase più complessa, che prevede esami di laboratorio e indagini microscopiche, approfondimenti non eseguiti durante la prima inchiesta. Per completare le verifiche, i periti hanno richiesto ulteriori 90 giorni: sarà dunque settembre prima che la salma possa tornare nel cimitero di Riccia, in provincia di Campobasso.
La vicenda giudiziaria ha subito una svolta importante nei mesi scorsi, quando la Procura ha deciso di riaprire il caso, inizialmente archiviato come suicidio. La nuova inchiesta intende accertare se sul corpo della magistrata siano presenti lesioni compatibili con cause diverse da quelle autoinflitte, e in tal caso determinarne la natura e le possibili responsabilità. Parallelamente, i carabinieri del Ris sono al lavoro per ricostruire la scena del ritrovamento del cadavere.
Nel fascicolo attualmente aperto figurano sei persone iscritte nel registro degli indagati. Tra questi anche il marito della giudice e il medico legale che eseguì la prima autopsia. Le accuse ipotizzate vanno dal depistaggio alla falsità ideologica, fino alla violazione del segreto istruttorio.
Una vicenda intricata e dolorosa, che ora potrebbe trovare nuove risposte grazie alla determinazione della magistratura abruzzese e alla nuova campagna di accertamenti scientifici.
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